martedì 20 ottobre 2009

La mania del fotoritocco


A quarantacinque anni non si è vecchi, ma nemmeno giovanissimi.

La pelle è più spenta, gli occhi sono lievemente ombreggiati, le parentesi del sorriso incorniciano labbra non più freschissime.

Quando si è famosi, tutto questo, evidentemente, secca. Specialmente quando si deve concedere la propria immagine al fotografo per ragioni di lavoro.

Punturine rimpolpanti, botox paralizzanti, lifting stiranti? Non basta più.

Ma il computer ci viene in aiuto con il fotoritocco.

Bastano pochi gesti di mouse ed ecco le labbra diventare turgide e voluminose, i seni crescere, gli zigomi alzarsi ancor più del dovuto, le imperfezioni su cosce, pancia, fianchi cancellarsi come se si avesse sempre vent’anni, come se non ci si sedesse mai, come se la propria carne fosse di cemento armato.
Una pratica sempre più frequente negli ultimi anni e che coinvolge sempre più soggetti giovani, se non giovanissimi, accecati dall’idea di un’immagine senza difetti.

Il fenomeno ha allarmato la parlamentare francese Valérie Boyer, la quale ha deciso di presentare un disegno di legge che imponga ai giornali di apporre la dicitura “photo retouchée” su ogni immagine che sia passata tra le maglie di Photoshop, allo stesso modo delle etichette sui pacchetti di sigarette.

Lo scopo, secondo la Boyer, è duplice: da un lato tutelare il consumatore a che la sua buona fede non venga carpita con immagini contraffatte e lesive del proprio potere di valutazione, dall’altro evitare una stereotipizzazione dell’immagine umana, specialmente nel caso di soggetti femminili. Per ora la proposta sembra solo una colossale boutade, ma quanto c’è di vero nelle parole della Boyer?
Se la corsa alla perfezione estetica può facilmente generare il concetto di contraffazione di immagine, a rendere giustizia ai comuni mortali, autentici e veraci, stanno le immagini segrete scovate dai paparazzi, nelle quali le carni delle star si presentano atone, penzolanti e talvolta davvero brutte.

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