domenica 28 dicembre 2014

Il fenomeno Marty, il topino avventuroso

 

Il topino Martin Mouse, Marty per gli amici, é un ratto super star, con profilo Facebook, account Twitter e migliaia di like.

La fotografa Sarah Hunt si occupa del suo sito web e della sua promozione.

E il topino super star ci invita nel suo mondo e nelle sue avventure...


Scrive : "Odio i lunedì, amo giocare con i miei amici gatti, mangiucchiare snack e raccontare barzellette". 

 

Tenerissimo e buffo, ha deciso di girare il mondo, con missione di farci sorridere.

 

E dopo Ratatouille della Pixar, il topo gourmet, ecco la nuova dimostrazione che anche un ratto con codina rosa può diventare una star.

L'ebreo errante, la leggenda, l'angoscia esistenziale e il capolavoro di Chagal










Una delle più diffuse leggende del Medioevo, che ha avuto numerose elaborazioni in tutte le letterature europee narra di un ebreo che schernì Gesù sulla via del Calvario e per castigo fu condannato a errare senza tregua sino alla fine del mondo, con poco denaro per vivere. 
I poeti moderni si impadronirono di questa figura leggendaria, a cominciare da W. Goethe, che in un frammento poetico del 1774 evoca un ebreo di nome Aasvero spettatore insolente della sofferenza del Cristo.

La leggenda dell'«ebreo errante» racconta che Gesù, dirigendosi con la croce sulle spalle verso il Calvario, sofferente e senza fiato si fermò davanti al negozio di un ciabattino ebreo. 
Questi si affacciò sulla porta e gli disse: 
«Muoviti, vai più in fretta» e gli diede dei colpi di bastone sulla schiena.
Gesù gli rispose: «Me ne vado, ma tu camminerai fino al giorno del mio ritorno». 
Si vuole da allora l'ebreo errante maledetto da Dio e condannato a vivere senza riposo fino alla fine dei tempi. 

Riapparendo di città in città, divenne una vera e propria ossessione dell'occidente cristiano, nei paesi di lingua tedesca spesso lo si chiamava "der Ewige Jude", "l'ebreo eterno" poi preso di mira dalla propaganda del Terzo Reich. 


I rapporti fra il mito dell' "ebreo errante" e le sue rappresentazioni visuali da parte dell'immaginario cristiano in Occidente dal Medioevo al XX secolo a partire dall'incisione della fine del ‘400 
"Il gran portamento della croce" di Martin Schongauer, con un personaggio che si appoggia a un bastone da camminatore e che può essere interpretata come una raffigurazione dell'ebreo errante, fino a "L'ebreo errante" dipinto nel 1983 a New York da Michael Sgan-Cohen.



Fortemente presente nella rassegna è Gustave Doré, popolarissimo artista e caricaturista del pieno ‘800: nella serie delle sue opere - in parte per il "Journal pour rire" - i tratti cupi e la forza della tragedia che trascina per il mondo l'ebreo eterno si intravvedono tutti, nelle Dodici incisioni.



Quanto al "Juif errant" di Marc Chagall, degli anni '20 e proveniente dal Petit Palais di Ginevra, con la bisaccia in spalla e il volto irrigidito in una accettazione rassegnata, esprime tutto il peso di una maledizione eterna, «autobiografica» per l'artista, del quale a loro volta Solitudine (1933), La Rivoluzione (1937), Crocifissione bianca (1938) ricordano in particolar modo l'esilio. 



Marc Chagall (Vitebsk, 7 luglio 1887Saint-Paul-de-Vence, 28 marzo 1985) è stato un pittore russo naturalizzato francese, d'origine ebraica.


Yehuda Pen Ritratto di Marc Chagall (1915) Museo di arte moderna di Vitebsk
Il suo vero nome era Moishe Segal (משה סג"ל - Segal è un cognome levita, acronimo di סגן לוי Segan Levi, "assistente levita". 
Il suo nome russo era Mark Zacharovič Šagalov, abbreviato in Šagal (Шагал; Chagall, secondo la trascrizione francese).

Marc Chagall nasce in una famiglia di cultura e religione ebraica, a Vitebsk, allora facente parte dell'Impero Russo, oggi in Bielorussia
Il giorno stesso della sua nascita, il villaggio fu attaccato dai cosacchi durante un pogrom, e la sinagoga venne data alle fiamme; da allora, l'artista - rievocando le proprie origini - usava dire: "Io sono nato morto". Chagall fu il maggiore di nove fratelli. Il padre, Khatskl (Zakhar) Chagall, era mercante di aringhe, sposato con Feige-Ite. 
Nelle opere dell'artista ritorna spesso il periodo dell'infanzia, felice nonostante le tristi condizioni in cui vivevano gli ebrei russi sotto il dominio degli zar.
Iniziò a studiare pittura nel 1906 con il maestro Yehuda (Yudl) Pen, il solo pittore di Vitebsk, ma l'anno successivo si trasferì a San Pietroburgo
Qui frequentò l'Accademia Russa di Belle Arti, con il maestro Nikolaj Konstantinovič Roerich e conobbe artisti di ogni scuola e stile. 
Tra il 1908 e il 1910 studiò, invece, alla scuola Zvantseva con Léon Bakst
 Questo fu un periodo difficile per lui: gli ebrei potevano infatti vivere a San Pietroburgo solo con un permesso apposito e, per un breve tempo, venne persino imprigionato. Rimase nella città fino al 1910, anche se di tanto in tanto tornava nel paese natale dove, nel 1909, incontrò la sua futura moglie, Bella Rosenfeld, figlia di ricchi orefici.
Una volta divenuto noto come artista, lasciò San Pietroburgo per stabilirsi a Parigi, per essere più vicino alla comunità artistica di Montparnasse, dove entrò in amicizia con Guillaume Apollinaire, Robert Delaunay e Fernand Léger. Nel 1914 ritornò a Vitebsk e l'anno successivo si unì in matrimonio con Bella Rosenfeld. La loro prima figlia, Ida, nacque nel 1916.
Nel 1917 prese parte attiva alla rivoluzione russa: il ministro sovietico della cultura lo nominò Commissario dell'arte per la regione di Vitebsk, dove fondò una scuola d'arte e il Museo di arte moderna di Vitebsk. Nella politica del governo dei soviet non ebbe tuttavia successo e per di più entrò in contrasto con la sua stessa scuola (in cui militava El Lissitzky) che per motivi politici era conforme al suprematismo, assolutamente agli antipodi dello stile fresco ed "infantile" di Chagall. Nel 1920 si trasferì con la moglie a Mosca e poi a Parigi nel 1923. In questo periodo pubblicò le sue memorie in yiddish, scritte inizialmente in lingua russa e poi tradotte in lingua francese dalla moglie Bella; scrisse anche articoli e poesie pubblicati in diverse riviste e, postumi, altri scritti raccolti in forma di libro. Divenne cittadino francese nel 1937.
Durante l'occupazione nazista in Francia, nella Seconda guerra mondiale, con la deportazione degli Ebrei e l'Olocausto, gli Chagall fuggirono da Parigi. Si nascosero presso Villa Air-Bel a Marsiglia e il giornalista americano Varian Fry li aiutò nella fuga verso la Spagna ed il Portogallo. Nel 1941 la famiglia Chagall si stabilì negli Stati Uniti, dove sbarcò il 22 giugno, giorno dell'invasione nazista della Russia.
Il 2 settembre 1944, Bella, compagna amatissima, soggetto frequente nei suoi dipinti e compagna di vita, morì per una infezione virale. Due anni dopo, Chagall fece ritorno in Europa e nel 1949 si stabilì in Provenza.
n questi anni intensi, riscoprì colori liberi e brillanti: le sue opere sono dedicate all'amore e alla gioia di vivere, con figure morbide e sinuose. Si cimentò anche con la scultura, la ceramica e il vetro.


La tomba di Chagall nel cimitero di Saint-Paul de Vence

Chagall si risposò nel 1952 con Valentina (detta "Vave") Brodsky, anch'ella di origine russa ed ebrea, con la quale scoprì la Grecia. Nel 1957 si recò in Israele, dove nel 1960 creò una vetrata per la sinagoga dell'ospedale Hadassah Ein Kerem e nel 1966 progettò un affresco per il nuovo parlamento. Viaggerà anche in Russia dove sarà accolto trionfalmente, ma si rifiuterà di tornare nella nativa Vitebsk.
Durante la guerra dei sei giorni l'ospedale venne bombardato e le vetrate di Chagall rischiarono di essere distrutte: solo una venne danneggiata, mentre le altre vennero messe in salvo. In seguito a questo episodio, Chagall scrisse una lettera in cui affermava di essere preoccupato non per i suoi lavori bensì per la salvezza di Israele, vista la sua origine ebraica.
Chagall morì a 97 anni, a Saint-Paul de Vence, il 28 marzo 1985.



venerdì 19 dicembre 2014

L'hotel particulier de la Marquise de Païva sur les Champs Elysées




Le Traveller’s Club  est aujourd'hui propriétaire de l’hôtel de la Marquise de Paiva, seul hôtel particulier subsistant de tous ceux qui furent édifiés au XIXème siècle sur la plus belle avenue du monde.
Situé sur l’avenue des Champs-Élysées à Paris, ce splendide hôtel particulier fût construit entre 1856 et 1865 par Thérèse Lachman, alias la marquise de Païva
Classé monument historique, ce lieu privilégié offre un aperçu rare de l’architecture et de la décoration du Second empire


En visitant ce monument on peut ainsi découvrir des ornementations parfaitement conservées, comme le célèbre escalier en onyx jaune où tous les nouveaux membres du Club doivent se soumettre à une curieuse « initiation »,  la salle de bain d’inspiration mauresque et sa baignoire en argent, ou encore cet impressionnant plafond orné d’une admirable peinture de Paul Baudry, peintre de l’Opéra Garnier. 




L'hôtel particulier de la Païva en retrait par rapport à l’avenue des Champs-Elysées, à la façade de style troubadour ne laisse pas entrevoir l’étalage de luxe et de décoration à l’intérieur des appartements et de l’histoire romanesque de sa propriétaire, la Marquise de la Païva. 



Rien ne présageait que Esther-Thérèse Lachmann, fille d'un drapier d'origine juive polonaise venant des ghetto de Moscou, deviendrait l’une des grandes cocottes de Paris du deuxième Empire. 
Ses trois mariages consécutifs lui ont fait gravir les échelons jusqu’à devenir la richissime Comtesse de Donnersmarck.


Courtisane invétérée, la Marquise avait des goûts de luxe:
on prétend qu’elle prenait des bains de champagne ou de lait d’ânesse.
Dans ses salons elle accueillit de nombreux hôtes de marque comme les frères Goncourt, Théophile Gaultier, Léon Gambetta, Ernest Renan ou encore Hippolyte Taine…

En 1877, accusée d’espionnage, la marquise fut obligée de fuir la France pour l’Allemagne où elle décèdera le 21 janvier 1884, au château de Neudeck en Silésie.


Prostituée, puis demi-mondaine et cousine de Bismarck par mariage, la Païva pend la crémaillère de son hôtel sur les Champs-Elysées le 31 mai 1867.
Le 31 mai 1867, le Tout-Paris ne parle que du palais érigé sur les Champs-Élysées par la Païva, une aventurière qui s’est fait épouser par le richissime cousin de Bismarck. Ce soir, elle pend la crémaillère. Il faut absolument en être. Écrivains, journalistes, aristocrates, hommes du monde et du demi-monde arrivent en fiacre. 
Même les frères Goncourt sont de la partie. 
Ils découvrent un hôtel particulier de style Renaissance italienne, d’un luxe tapageur. 
Le mauvais goût de la décoration confine au génie. 
En comparaison, les palais des émirs du pétrole font figure de cellules de moines.
Les invités sont accueillis par la Païva en haut d’un immense escalier en onyx jaune unique au monde, gardé par une statue en marbre représentant Virgile. 
À l’intérieur, ce n’est que luxe et volupté d’une ancienne cocotte. 
Chacun s’extasie, ou se récrie, devant la salle de bains de style mauresque, dont la pièce maîtresse est une baignoire taillée dans un bloc d’onyx jaune (encore !) de 900 kilos. 
Les robinets sont forcément en or incrusté de pierres précieuses. 



Une deuxième baignoire en argent est dotée d’un troisième robinet pour faire couler lait et champagne. 


Chaque pièce est surchargée de peintures, de sculptures et de fresques. 
L’architecte Pierre Manguin a encore prévu un jardin suspendu.


Dans leur journal, les frères Goncourt dénoncent un « Louvre du c.. » avec « ces peintures faites et encore à faire, destinées à figurer la Fortune de la courtisane, commençant à Cléopâtre et finissant à la maîtresse de la maison aumônant des égyptiaques ». Ils dénoncent encore « la surcharge de son mauvais goût Renaissance ». Les invités passent à table. La méchanceté des deux frères trace un joli portrait de leur hôtesse : « (…) je la regarde, je l’étudie. Une chair blanche, de beaux bras et de belles épaules se montrant par-derrière jusqu’aux reins, et le roux des aisselles apparaissant sous le relâchement des épaulettes ; de gros yeux ronds ; un nez en poire avec un méplat kalmouk au bout, un nez aux ailes lourdes ; la bouche sans inflexion, une ligne droite, couleur de fard, dans la figure toute blanche de poudre de riz. 
Là-dedans des rides, que la lumière, dans ce blanc, fait paraître noires, et, de chaque côté de la bouche, un creux en forme de fer à cheval, qui se rejoint sous le menton qu’il coupe d’un grand pli de vieillesse. 
Une figure qui, sous le dessous d’une figure de courtisane encore en âge de son métier, a cent ans et qui prend, par instants, je ne sais quoi de terrible d’une morte fardée. »
Cette femme qui assomme Paris sous un luxe indécent est née à Moscou dans une misérable famille juive d’origine polonaise. 
Elle s’appelle alors Esther Lachmann. 
Quand elle a 17 ans, ses parents lui font épouser Antoine Villoing, un petit tailleur français installé en Russie. Le temps de lui faire un enfant, elle l’abandonne pour suivre un amant jusqu’à Paris où elle s’installe sous le nom de Thérèse.

Même si elle se taille une excellente réputation de prostituée, à l’ombre de l’église de Notre-Dame-de-Lorette. Elle entame alors une irrésistible ascension au royaume des demi-mondaines. 
Sa première « marche » est le célèbre pianiste Henri Herz, qui tombe raide dingue de cette rousse flamboyante. Il lui fait rencontrer Liszt, Wagner, Théophile Gautier, Émile de Girardin. Le gratin culturel de l’époque. 
L’hétaïre et le pianiste ont bientôt une petite fille qui est aussitôt bottée en touche chez les parents du père. Thérèse poursuit son ascension mondaine en quittant son pianiste pour Londres, où elle croque les nobles anglais avec appétit;
À 30 ans, en 1848, elle regagne Paris pour épouser trois ans plus tard Albio-Francesco, marquis Aranjo de Païva, sitôt après la mort du petit tailleur. 
Du marquis, elle garde le titre, mais pas l’homme. 
Elle enchaîne alors les amants fortunés qu’elle s’ingénie à mettre sur la paille avec leur consentement extasié. 
Elle remplit à merveille son rôle de demi-mondaine. 
C’est alors qu’elle atteint son Graal sous la forme du comte Guido Henckel von Donnersmarck, cousin de Bismark et propriétaire de nombreuses mines, qui l’épouse.
La voilà devenue suffisamment riche pour tenir la promesse qu’elle s’était faite quelques années auparavant. 
Celle de se bâtir « la plus belle maison de Paris » à l’endroit où un de ses amants de passage l’avait jetée de son fiacre. 
C’est chose faite pour 10 millions de francs or. 
Une véritable fortune pour l’époque. 
L’hôtel existe toujours au 25, avenue des Champs-Élysées.


mercoledì 17 dicembre 2014

Gli auguri di Natale all'epoca di WhatsApp, Facebook, Youtube, Twitter

Nell’epoca dei social network spesso si rischia di risultare banali e meccanici


In un mondo sempre più social dove i nuovi protagonisti sono Facebook, WhatsApp, Twitter, ecc. anche il Natale è diverso. Tutti si aspettano degli auguri digitali ma la maggior parte di chi li riceve è deluso. 
Anzi, lo sono quasi tutti. 
Moltissimi utenti pensano che i messaggi di auguri ricevuti via WhatsApp sono una vera delusione. 
Meglio non riceverli. 
Il discorso si complica quando si devono tenere in mente i diversi destinatari
Un messaggio non può essere lo stesso per un collega di lavoro, un amico, o un potenziale futuro partner. 
Bisogna procedere con attenzione e rispettare alcuni semplici regole di buona educazione 2.0.

Regola generale: essere naturali

La regola più importante per fare gli auguri di Natale con WhatsApp è non far vedere che stiamo usando delle regole o, ancor di più, non bisogna sembrare dei robot. 
La spontaneità è l’elemento più importante. 
E anche se manca quella vera, deve almeno sembrare che sia così.

Al capo

Inviare gli auguri di Natale al capo può essere un rischio. 
Per evitare problemi, meglio scegliere come giorno il 25. 
Non il 24 sera intorno alla mezzanotte (sarebbe troppo confidenziale) e neanche a ora di pranzo del 25 (momento in cui è meglio non disturbare).


No ai messaggi di gruppo

Messaggi multipli o foto con decine di amici taggati? Da evitare sempre. 

Su WhatsApp, un messaggio di auguri di gruppo risulterebbe assolutamente impersonale e privo di valore. 

Lo stesso su Facebook, dove l’anno scorso ha spopolato l’improponibile usanza di postare una foto-cartolina di auguri e taggarvi decine di amici. 
Definirlo squallido sarebbe quasi un complimento.

Su Twitter

Nooo ! Questo social network non è adatto ai sentimenti. Assolutamente sconsigliato per gli auguri natalizi.

Video su WhatsApp

Il discorso video natalizi su WhatsApp deve essere preso con le pinze. Fin quando si tratta di inviare un filmato (o anche due, o tre…) a vostra madre, tutto ok. 
Per tutti gli altri uno è già tanto. Il motivo? Siamo invasi da centinaia di video tutto l’anno, Natale invece è un giorno speciale e tutti si aspettano degli auguri speciali.

Un possibile partner

Se volete attaccare bottone, gli auguri di Natale sono una buona opportunità per farvi avanti. 
E’ una scusa alquanto abusata ma se giocata nel modo giusto può portare ottimi risultati. Usate WhatsApp o Facebook, una chat privata, e mantenetevi sobri nel linguaggio. 
Qualche emoticon potrà aiutarvi a creare il terreno fertile per dare un futuro al primo contatto.

A un ex

Fare o non fare gli auguri al proprio ex per Natale? Dipende da come (e se) sono stati mantenuti i rapporti. In ogni caso, meglio non esagerare e mantenersi nell’ambito della semplicità per non creare disguidi.

Il marito di Beyoncé si offre lo Champagne Cattier





Lo champagne Armand de Brignac finisce sotto il controllo di Jay-Z., marito della cantante Beyonce. 

Il rapper americano è infatti il nuovo distributore della pregiata marca della famiglia Cattier, un'istituzione nel settore dal 1763. 


Tutto è cominciato nel 2006 con un video del rapper in cui per un secondo compare una bottiglia: le vendite sono schizzate, dalle 20mila bottiglie all'anno del 2006 si è passati alle 100mila di oggi e la casa Cattier conta di arrivare a 300mila in pochi anni. 

Da qui è nata anche la passione di Jay-Z, ora diventata un impegno commerciale. 'Ci ha impressionato per la conoscenza che aveva del prodotto - dice Jean Jacques Cattier, copresidente del marchio di champagne 'Cattier' - dei problemi di produzione e del vino in generale'.

Lo champagne è destinato ad una clientela facoltosa che può permettersi di spendere 300 euro a bottiglia.
Lo Champagne Armand de Brignac è molto più conosciuto dal pubblico americano come “Ace of Spade”, questo in virtù sia del logo del brand che del particolare stile della bottiglia, quest’ultimo assolutamente unico sul mercato. 


 “Ace of Spade”, prodotto di alta gamma e qualitativamente eccellente, ha una packaging originale con una bottiglia molto particolare, completamente rivestita in bronzo sbalzato dorato o argentato, una immagine sicuramente molto vistosa che lo differenzia da tutti i concorrenti presenti sul mercato internazionale degli champagne.

Vengono proposte anche piccole botti da 30 litri, l'ultima prodotta in soli sei esemplari, è stata venduta nel 2011 a Londra per 190mila euro.

domenica 14 dicembre 2014

Jacques e Gabriella, i già celebri gemellini di Montecarlo !




Doppio fiocco per il Principato di Monaco, uno azzurro e uno rosa: sono nati Gabriella e Jacques, i gemellini del principe Alberto II di Monaco (56 anni) e della moglie Charlene Wittstock (36 anni). 



La notizia è stata data su twitter: “Le Couple Princier ont l’immense bonheur d’annoncer la naissance de Leurs enfants : Gabriella, Thérèse, Marie et Jacques, Honoré, Rainier”, cinguetta l’account di Palazzo.

I gemellini sono nati all’ospedale Princesse Grace di Monaco con parto cesareo il 10 dicembre.
Gabriella è nata alle 17 e 04 e due minuti dopo è arrivato Jacques.
Il comunicato ufficiale: “La princesse et les enfants se portent bien. Le prince Jacques, Honoré, Rainier, a la qualité de Prince héréditaire. Selon l’usage historique établi par le traité de Péronne (1641), il reçoit le titre de Marquis des Baux (en Provence). La princesse Gabriella, Thérèse, Marie, deuxième enfant dans la ligne de succession, reçoit le titre de Comtesse de Carladès (en Auvergne)”.


L’arrivo dei due principini è stato  salutato con tutti gli onori di corte: 42 colpi di cannone,  21 per ogni bimbo. 
E nel Principato sono già tutti in festa per il doppio fiocco.


Del resto, i piccoli sono gli eredi al trono di Palazzo Grimaldi. Alberto, infatti, ha già due figli, Jazmin Grace Grimaldi e Alexandre Coste, ma non sono in linea alla successione al trono in quanto nati in relazioni clandestine da altre due donne.

sabato 13 dicembre 2014

La stupenda villa Ephrussi de Rothschild di Saint Jean Cap Ferrat




St. Jean Cap Ferrat è un paradiso naturale della Costa Azzurra, oltre che un'antica città di mare, un porto di pescatori trasformatosi in un centro del turismo esclusivo.
La città francese racchiude una ricca storia, tessuta da influenze e culture diverse portate dagli invasori della penisola che si sono succeduti nel corso dei secoli, dai liguri ai saraceni.



A Saint jean Cap Ferrat c'è uno dei più bei palazzi della Costa Azzurra, costruito durante la Belle Époque per volontà della baronessa Béatrice Ephrussi de Rothschild.

L'antica villa incanta i visitatori per la sua imponenza e raffinatezza. 



Circondato da giardini di sogno, la villa Ephrussi de Rothschild é ricca di tesori e di collezioni rare, dalle porcellane di Sèvres agli arazzi Gobelins, passando per le tele di grandi maestri.






All’esterno i famosi giardini offrono una vista mozzafiato sul mare Mediterraneo. 
Un panorama  incantevole che invita a passeggiare e a scoprire i nove giardini da sogno, ornati di colonne, cascate, specchi d’acqua, aiuole fiorite e alberi di specie rare: il giardino spagnolo, il fiorentino, il lapidario, il giapponese, l’esotico, il provenzale, il francese, il roseto e il giardino di Sèvres. Una sinfonia di colori e profumi che conduce all'entrata della villa che racchiude un importante museo.





L'amore per l'arte ed il senso estetico di Beatrice Rothschild sono rimasti leggendari, anche virtù dello splendore del patrimonio reso disponibile a tutti i visitatori di quella che fu la sua dimora.



Le stanze della Villa Ephrussi de Rothschild custodiscono collezioni di porcellane e di oggettistica antica, i muri sono impreziositi da arazzi e da dipinti e le finestre coperte da raffinati tendaggi.
 



Una residenza da sogno nella quale trascorrere una giornata entusiasmante, magari da concludere con una cena in uno dei molti ristoranti che si affacciano sul porto e che offrono menù a base di pesce freschissimo.
 
Di diverso genere è un altro appuntamento immancabile quando ci si reca a Cap Ferrat: la visita allo zoo,  che ospita animali rari.



lunedì 8 dicembre 2014

La Fornarina, una passione di Raffaello

 
La Fornarina di Raffaello.
Il dipinto è il ritratto della donna amata da Raffaello, raffigurata anche nella Velata di Palazzo Pitti, descritta dal Vasari e identificata in numerosi dipinti raffaelleschi. 
 
Il personaggio è al centro del mito romantico che nell'Ottocento ha dato origine alla ricostruzione pseudo-storica della figura della musa-amante del pittore e che portò all'identificazione, per altro non storicamente provata, dell'amata di Raffaello con Margherita Luti, figlia di Francesco Senese, entrata subito dopo la morte di Raffaello nel convento di Sant'Apollonia. 
Il dipinto, databile intorno al 1520, anno della morte di Raffaello, rimase probabilmente nello studio del pittore e fu rimaneggiato e venduto dall'allievo ed erede Giulio Romano. 



La storia d'amore più famosa e tragica di Roma: la storia d'amore tra Raffaello e Margherita Luti, conosciuta sotto il soprannome di Fornarina (la figlia del fornaio). 
Fornarina ha ispirato numerosi dipinti di Raffaello. Il loro è 'stato un amore breve e intenso, con una fine tragica. 
Dopo una lunga notte di passione, Raffaello contrasse la febbre e per pudore non disse ai suoi medici la vera causa. Ricevette una cura sbagliata a base di salassi e morì 15 giorni dopo, il 6 aprile 1520, il giorno del suo 37 ° compleanno. Questa della morte del grande artista dovuta ad eccessi amorosi è la versione romanzata che ci ha tramandato il Vasari. 
Più probabilmente Raffaello morì dopo aver contratto febbri malariche, allora diffuse a Roma. 
Dopo la sua morte Fornarina trascorse il resto della sua vita nel convento delle Monache di S. Apollonia. Se andate a Trastevere, al numero 20 di via Santa Dorotea, nei pressi di Porta Settimina, è ancora possibile vedere la casa modesta di Fornarina.

domenica 7 dicembre 2014

Les 4 idées reçues à propos du CRM

 selon Maddyness




Dans le domaine des outils collaboratifs, le CRM (Customer Relationship Management) prend une place de choix au cœur de la gestion quotidienne de l’entreprise. 
Augmentation des ventes, mise en place de processus commerciaux, autant d’avantages mis en avant par les éditeurs. 
Maddyness, en partenariat avec Salesforce a souhaité mettre en avant 4 idées reçues à propos de cet outil.

Les clients ne sont pas sur les réseaux sociaux (Faux)
Avec les nouveaux CRM, les réseaux sociaux sont aussi intégrés à la stratégie commerciale. Une approche qui permet d’exploiter en temps réel les sources d’information (sur Twitter, Facebook…) et les feedbacks déposés en ligne, qu’ils soient positifs ou négatifs. 



Le CRM peut ainsi permettre aux clients de développer l’interaction avec les clients de manière stratégique, plutôt que d’utiliser un système ou un script automatisé.

Seules les grandes entreprises ont besoin d’un CRM (Faux)

Lorsqu’elle démarre, une entreprise n’a que rarement besoin d’un système de CRM : ses contacts sont peu nombreux, son historique réduit… 
Mais dès que le business se développe, les informations se multiplient. 
Et très vite, les collaborateurs se trouvent submergés par les données.
Adapté à tous les types d’entreprise, le CRM souhaite aller au delà de la poignée de main pour sceller un contrat. 
Même les plus petites structures ont besoin d’avoir un tableau de bord pour piloter l’activité commerciale. 
Selon le SMB Group, en décembre 2012, plus de 40 % des petites entreprises en quête de solutions de CRM envisageaient un déploiement sur le Cloud, dont le déploiement et la maintenance sont économiques.

Un CRM ne sert qu’au département Commercial (Faux)

Au cœur des entreprises, les barrières entre départements sont en train de tomber, surtout à l’ère des outils collaboratifs. Ventes, Marketing, Support Client et Services Client sont au centre de la stratégie des éditeurs de CRM. 
Seul un accès instantané et fiable aux informations – contrats, campagnes marketing, comptes clients, etc. – permet d’accélérer réellement l’activité.
Le système de CRM veut référencer l’intégralité de l’historique des interactions clients, contribuant ainsi à l’amélioration du business.

Ça ne remplacera pas mon fichier Excel (Vrai et Faux)

Il existe bien sûr de nombreuses manières de conserver les coordonnées d’un client : feuilles de calcul, fichier manuel sauvegardé sur un disque dur ou un serveur partagé… Toutefois, aucun de ces comportements ne permet d’avoir une vue globale de la relation client. 
Le côté collaboratif est aussi un avantage que les CRM apportent aux divisions commerciales, à l’inverse du traditionnel fichier Excel qui n’est pas modifiable en temps réel par deux personnes et provoquent les inconvénients du « versionning ».