mercoledì 13 agosto 2008

Tecnostressati?

Non chiamateli tecnostressati. I dipendenti da trilli, sms ed email rivendicano il «bisogno culturale» di essere sempre in rete (anche in spiaggia) per lavoro o per piacere.
Sono l’esercito sempre più numeroso dei «felici e connessi».
Si presentano al mare non con i socializzanti racchettoni, ma armati di BlackBerry, iPhone e computer palmari.
E sotto l’ombrellone non divorano Ken Follett o Paulo Coelho ma Tutti pazzi per iPhone, libro ricco di dritte per amoreggiare con la nuova creatura Apple.
Autore: Lucio Bragagnolo, un mito per i tecnomaniaci, ammaliati dalla sua sapienza e dalla sua dotazione tecnologica: tre Mac, un palmare (preistorico) Newton Message Pad, due iPhone, tre iPod e due «shuffle», i miniplayer di musica digitale.
Non c’è lido che si salvi dalla deriva tecnologica. Allo stabilimento vip Ultima spiaggia di Capalbio il campione è Chicco Testa, managing director di Rothschild Italia.
In riva al mare attaccato a cellulari e palmari, a fine giornata si connette grazie al computer fisso di cui ha dotato anche la casa capalbiese dov’è incorniciata una delle foto che lo intenerisce di più: «Io e i miei due figli adolescenti seduti su una panchina intenti, sorridendo, a mandare sms». Un altro che lavora dalla spiaggia di Capalbio e non riesce a stare scollegato dal web nemmeno un minuto è Roberto D’Agostino, che in riva al mare aggiorna il suo cliccatissimo sito di gossip e news con il portatile collegato in rete senza fili.
Ma non si tratta di avvistamenti sporadici. Sulle spiagge italiane intenti a inviare email con cellulari d’ultima generazione e BlackBerry ci sono manager come Corrado Passera e Alessandro Profumo, amministratore delegato di Unicredit, il produttore cinematografico americano Harvey Weinstein, il presidente della Banca nazionale del Lavoro, Luigi Abete, l’attore hollywoodiano Richard Gere e l’italianissima Manuela Arcuri.
Ci provano a disintossicare i vacanzieri tecnostressati con raduni in agriturismi isolati, danze tribali, minimaratone e addirittura coccoloterapia.
Per esempio la campagna «Estate senza tecnostress» appena varata dal social network Runfortecnostress di Enzo di Frenna con Assodigitale, l’associazione degli operatori dei media digitali.
Su runfortecnostress.ning.com ci sono gli appuntamenti, scaglionati in 100 giorni.
Il tentativo è nobile, ma arduo: appena 123 iscritti e l’annullamento per mancanza di partecipanti della «sana camminata nei boschi per allontanarsi dalle tensioni della vita quotidiana» organizzata a fine luglio in Valle Vigezzo. Un po’ per paura della pioggia, molto per l’incubo che, in montagna, i cellulari non prendessero.
Il fatto è che di abbandonare tensioni, trilli e avvisi di sms quotidiani ne hanno voglia davvero in pochi. E che l’esercito di chi si nutre di adrenalina tecnologica semmai è in aumento, un po’ in tutte le categorie.
Cantanti come Mariah Carey, che quando è a cena scrive mail agli amici con il BlackBerry nascosto sotto il tavolo.
Star della moda come Frida Giannini, direttore creativo di Gucci, che si dichiara «dipendente» dal suo palmare.
Politici come Daniela Santanchè, «collegata 24 ore su 24» anche a Porto Cervo e Cortina: «Non riesco a staccarmi dall’iPhone che ho preso in autunno quando ero a New York per la maratona» dice Santanchè «ma non mi stressa, mi diverte. E poi la politica è full time».
Qualche tecnostressato in via di redenzione c’è: l’avvocato Geronimo La Russa, 28 anni, figlio del ministro della Difesa, in partenza per gli Usa con cinque amici maschi, tutti single, sarà costretto a portarsi cellulari, BlackBerry e computer: «Il mio lavoro non mi permette di staccare». Quando uscirà a cena con una ragazza però si limiterà «al BlackBerry» dice «ed eviterò di controllare forsennatamente le email».
Tentativo raro di autodisintossicazione. Al richiamo del «push mail», il bip che su iPhone e BlackBerry segnala l’arrivo della posta, resistono in pochi. E quell’80 per cento di italiani che secondo una recente ricerca soffre di tecnostress (ansia, insonnia, gastriti, tendiniti) deve essere composto soprattutto di masochisti che dalla tecnologia traggono piacere e che non hanno intenzione di staccare la spina.
Tantomeno al mare forse perché, come segnala il sociologo Domenico De Masi, teorico dell’ozio creativo «oggi, con la quasi scomparsa dei lavori fisicamente usuranti, i concetti di professione e tempo libero sono sempre più vicini: in ufficio ci si ritaglia spazi per le email private e in vacanza si dedica tempo al lavoro». A rimetterci però sono partner e amici che aspirerebbero a intrattenere qualche sana chiacchierata con i maniaci della tecnologia. Michela Rocco di Torrepadula si è rassegnata allo stile di vita vacanziero del marito Enrico Mentana, teorico della non necessità di staccare e «capace di portarsi il computer anche nei trekking».
Daria Bignardi, invece, nella sua rubrica sul settimanale Vanity Fair ha lanciato il suo grido d’allarme, lamentandosi dell’iPhone, nuovo oggetto del desiderio «che i maschi non lasciano mai, neanche di notte.
L’importante è essere connessi ogni minuto. Finché morte non li separi». E giù con la derisione di quanti lo compulsano all’uscita del cinema per cercare notizie del regista su Wikipedia o addirittura si divertono a cercare su Google Maps il porticciolo dove sono appena sbarcati.
Destinatario del messaggio, neanche tanto occulto, suo marito Luca Sofri, che qualche giorno prima sul suo blog Wittgenstein aveva trionfalmente annunciato di essere riuscito a vedere sul suo iPhone i momenti salienti del campionato di baseball Usa.
Lui, che è sempre davanti a un computer, eternamente dotato di telefonino e iPhone, non si è scollegato neanche a Gressoney dove, con gente come il cantante Morgan e il conduttore Giovanni Floris, ha appena organizzato Kinder, raduno dei fan di Condor, la sua trasmissione di Radiodue. «Al ritorno dai picnic in vetta ci precipitavamo tutti» racconta Sofri «ad aggiornare i nostri blog».
Liquida così gli antitecnologici pronti a giudicarli: «Ci guardano male solo per disabitudine culturale: non vedo perché chi legge sulla spiaggia deve essere apprezzato e chi compulsa sul palmare no.
È cultura anche la nostra, tra qualche anno non daremo più nell’occhio».
Per quanto riguarda la connotazione culturale ci sarebbe da ricordare che l’ex parlamentare Franco Grillini, fondatore dell’Associazione deputati amici delle nuove tecnologie, definisce «i miei giocattoli» i vari tvfonino, palmare, minicomputer che con una valigia a parte si porta in vacanza. Ammette di essere affetto da «regressione infantile» tanto da aspettare con ansia un viaggio in auto verso San Martino di Castrozza con un amico tecnomaniaco come lui «perché parleremo per ore di cellulari e affini». Mentre il gallerista Niccolò Cardi, che ha ribattezzato il suo palmare «Crackberry» (come chiamano in America i drogati di BlackBerry), confessa di chattare via messenger «anche 170 volte al giorno».
Racconta di una sera che in un ristorante di New York con 11 amici, «quattro parlavano e otto scrivevano mail». Lui era tra gli scriventi. «È solo un giochino molto divertente» commenta. La psicologa Giorgia Notari, esperta di gestione dello stress, è di diverso avviso: «Non sono strumenti innocui.
All’inizio soprattutto iPhone è divertimento puro, ma poi queste tecnologie rischiano di favorire la fuga dalla realtà. Come in qualunque altra dipendenza».
È quello che è successo a Emanuela Bazzoni, 34 anni, project manager di Fastweb: ha cominciato con l’aggiornare il suo profilo su Facebook ogni mattina, «prima ancora di preparare il caffè» dice.
Poi è finita col diventare schiava del push mail, del messenger, «e pronta a rispondere agli sms anche in piena notte». Adesso si è imposta l’astinenza, con una vacanza a Jericoacoara, nel nord del Brasile «dove non c’è connessione». Resisterà? Per sicurezza ha già individuato gli internet point locali.

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