sabato 11 marzo 2017

A la recherche d' un bon coiffeur à Reims. Hermann & Fisher c'est top !






Je crois que aller chez le coiffeur peut faire peur à pas mal de femmes.

C'est la peur de l'inconnu, le saut dans le vide..on peut en sortir sublimes (rarement) ou bien complétement ravagées..


Après des
très grosses déceptions et des larmes, j’ai du mal à faire confiance, même à des noms prestigieux de la coiffure, parce que rien ne me garantit le résultat.




Reims ne manque pas de Salons de coiffure, et depuis mon arrivée dans cette ville j'en ai essayé pas mal.. Jusqu'à me couper les cheveux toute seule..'

Le 9 mars, jour de mon anniversaire, mon miroir m'a renvoyé un' image horrible . C' était urgent de confier ma coiffure à un professionnel.

J' ai donc décidé de tester un nouveau coiffeur conseillé par une connaissance que j'ai complimentée sur sa coiffure et j'ai pris rdv dans le Salon Hermann et Fisher, 4 rue Chabaud à Reims, près de la rue de Vesle.




Et là, grâce a un jeune et talentueux coiffeur, Florian, j'ai été super contente !!!





Je crois avoir trouvé 
"The Salon" aussi bien en terme de budget que d'accueil, cadre et prestation.







Cat-eye, rotondi, geometrici, a farfalla, oversize, dai colori pastello o vivaci..Sono i nuovi occhiali da sole 2017 !



Occhiali tondi viola Chanel
Quando arrivano i primi raggi di sole, per essere trend e sexy, l'accessorio indispensabile  sono gli occhiali da sole !

Che siano quadrati, rotondi, a gatto o specchiati, cambiano forma e colore a seconda delle tendenze primaverili e estive.


Per questa primavera estate 2017 tornano gli occhiali da sole over size, sia con montature spesse che sottili, dai colori bianco, oro, argento o con i più classici nero, bordeaux e tartarugato.


Gli occhiali gioiello restano sul podio, sia nella forma rotonda che quadrata, che si impreziosiscono di pietre dai colori vivaci come fucsia, verde smeraldo e blu, così come accade per le scarpe di questa stagione.


Non mancano forme e colori minimal, con accostamenti netti di sfumature dello stesso colore: rosa chiaro e bordeaux, blu e azzurro, verde chiaro e scuro. 



Il black and white tipico per l'inverno viene sostituito dal colore o da accostamenti più audaci come viola e verde, blu e arancione, nero e giallo, azzurro e rosso.



Ma la fantasia si sbizzarrisce e alcuni brand propongono forme insolite, esagerate da veri fashion addicted! 


Nella nuova collezione di occhiali da sole Chanel primavera/estate 2017 c’è spazio per modelli dallo stile ricercato e dai colori brillanti. 
Le proposte eyewear che ha realizzato Karl Lagerfeld sono piuttosto insolite, fuori dagli schemi, creazioni pensate per chi vuole sorprendere con qualcosa di unico e strepitoso. 



Tra i sunglasses Chanel ci sono quelli con lenti colorate ma prive di montatura, quelle dalla forma squadrata ma anche geometrica, i favolosi cat-eye e le proposte butterfly, senza dimenticare gli occhiali da sole tondi e a goccia. 

Alcuni dei nuovi occhiali da sole Chanel 2017 sono stati presentati in passerella durante il fashion show a Parigi. 

Lo stile dei modelli è piuttosto futuristico e intenso, fatto di colori brillanti ed effetti mirrored. 

Ci sono dei sunglasses dalla forma arrotondata, che copia la linea aviator, i quali presentano una grande lente curva sorretta da una montatura che non sporge verso l’esterno, bensì riveste l’intera lente dall’interno. 

Questi modelli sono stati declinati in tantissimi colori, come rosa, verde, giallo, azzurro e rosso. 
Molto belli e tipici della Maison Chanel gli occhiali da sole con montatura che riprende il fiore della camelia, simbolo della Maison. 
In questo caso le varianti cromatiche sono molto più sobrie, come bianco e nero, mentre le lenti mirrored sono preziose. 

Durante la sfilata Chanel primavera/estate 2017 sono stati ammirati degli occhiali da sole dalla linea squadrata, con frontali dalle tinte decise, impreziositi da piccoli petali in acetato trasparente, declinati in colori pastello.
Occhiali squadrati neri ChanelMolto belli anche i nuovi occhiali da sole Chanel a farfalla 2017. 
È una silhouette che la maison continua a proporre ogni stagione, perché allunga lo sguardo, rende il viso femminile più bello e più stilato sta bene a tutte.
Sono lievi le differenze tra un modello all’altro, con variazioni esclusivamente geometriche ed essenziali, oltre che cromatiche.

 

martedì 7 marzo 2017

Ricordo un quadro di Ugo Flumiani, pittore triestino

 

Per me il nome di Flumiani ha un profumo d'infanzia, di adolescenza. 

Una marina di Flumiani è la nostalgia di un quadro con una marina al tramonto, una barca a vela, dei colori particolari. Una cornice dorata.

Questo quadro aveva uno stile fresco e sensibile, mi piaceva per il contrasto cromatico, per  l'impressionissmo nordico abbinato al rigore  della scuola veneziana.

Era un quadro che mi faceva pensare a Trieste, la città dell'antico impero austroungarico, una città dall'atmosfera nostalgica, moderna e antica nello stesso tempo, triste e spensierata.. 

La città della bora, quel vento violentissimo che spazza via tutto, la città del Carso e del mare Adriatico...

Ci penso con un po' di tristezza e tanta dolcezza. 

Era un quadro di famiglia,che ci ha accompagnato per anni, nelle diverse dimore e che ricordo benissimo sulle pareti di un soggiorno, di un' entrata, di un angolo del bureau

Claudio H. Martelli su Flumiani scrive:  "Studiò all' Accademia di Venezia con il Ciardi e poi in quella di Bologna compiendovi studi di architettura e decorazione. Fu successivamente a Monaco

Tornato a Trieste si dedicò con entusiasmo alla pittura mettendosi in luce per la sua capacità di fondere l'impressionismo nordico con la pittura di scuola veneziana. Non poco contribuì alla sua formazione l'amicizia con il Veruda dal quale assimilò il brillante senso del colore. 

Dopo un inizio incerto seppe imporsi all'attenzione e divenne artista tra i più noti ed ammirati per la capacità di rendere in modo fresco e genuino la pittura di paesaggio che lo vide tra i maggiori del suo tempo. 

Fu pittore tecnicamente assai preparato e sensibile nel rendere in modo magistrale colore e atmosfere naturali e specialmente marine."
 

Molto più a lungo scrive Salvatore Sibilia nella sua "Pittori e scultori di Trieste."

Ugo Flumiani : Trieste 1876 - 1938

 Nasce a Trieste nel 1876. Studia all’Accademia di Venezia con Guglielmo Ciardi, segue poi corsi di architettura e di decorazione all’Accademia di Bologna. 

Si reca quindi a Monaco di Baviera. Tornato a Trieste, stringe amicizia con Umberto Veruda (1868-1904) dal quale assimila il brillante senso del colore.

Flumiani ottiene fama e successo con la sua pittura di paesaggio, con le sue marine, con le immagini della laguna, del Carso e delle montagne del Cadore, raggiungendo validi effetti di luce solare e magistrali atmosfere naturali. 

Espone alle principali mostre italiane e tiene diverse personali. Partecipa all’Internazionale di Venezia nel 1899, nel 1909 (Ora d’oro), nel 1910 (Lo specchio, Canto d’Autunno e Farfalle), e successivamente nel 1924 (Riflessi e Fortunale). 

Alla Quadriennale di Torino espone nel 1923 e nel 1927. Ugo Flumiani muore a Trieste nel 1938.


Testi: Alessandra Conti

venerdì 3 marzo 2017

Anne Sinclair inspire l'exposition "21 Rue de la Boétie" au Musée Maillol







L'exposition "21 Rue de la Boétie" retrace l’histoire du marchand d'art Paul Rosenberg, domicilié au 21, rue la Boétie. 

Issus d’une famille juive d’antiquaires, les deux frères Paul et Léonce Rosenberg commenceront dès 1906 à s’intéresser aux artistes de leur temps. 

En 1911, Paul ouvre sa première galerie et propose des œuvres de Picasso, Braque, Matisse,  
Léger..  



Inspiré par le livre de la journaliste Anne Sinclair, petite-fille de Paul Rosenberg, l’exposition du musée Maillol revient, avec des prêts de Beaubourg, du musée d’Orsay ou du musée historique de Berlin, sur la vie tumultueuse du marchand.


Du 2 mars 2017 au 23 juillet 2017
Musée Maillol - Fondation Dina-Vierny - Paris


Paul Rosenberg (1881-1959) fut l'un des marchands d'art les plus influents de l'entre-deux-guerres. 
Une riche exposition, tirée du livre "21 rue la Boétie" écrit il y a quatre ans par sa petite-fille, Anne Sinclair, lui est consacrée au Musée Maillol.


"Mon grand-père a été l'un des découvreurs de Picasso, de Matisse, de Braque, de Léger... Et les a accompagnés, beaucoup. 
Il était non seulement un galeriste, un marchand, mais il était un ami de ces peintres qu'il admirait par dessous tout. 
Lui se considérait comme un passeur, un entremetteur, un accoucheur",
L'exposition propose une soixantaine d'oeuvres passées par la galerie de Paul Rosenberg au 21 rue La Boétie, dans le 8e arrondissement de Paris, entre sa fondation en 1910 et sa réquisition par les nazis sous l'Occupation et par sa galerie de New York, où la famille s'est exilée au début de la Seconde Guerre mondiale et où est née, en 1948, Anne Sinclair.



Français de confession juive, il n'était pas question de profiter de cette occasion pour faire des affaires, souligne Anne Sinclair qui, petite fille, accompagnait son grand-père dans les musées ou chez Picasso, et dont Marie Laurencin a tiré un émouvant portrait.




"Mon grand-père était en lutte contre la conception nazie de l'art, dite "dégénérée". 
Pour Hitler et ses sbires, la peinture, la sculpture... c'était l'art germanique traditionnel. 


Tout ce qu'ils appelaient dégénéré, des impressionnistes aux cubistes, de Renoir à Picasso, c'était de l'art à détruire", souligne la journaliste.
Une importante section de l'exposition met en exergue l'opposition frontale entre ces deux conceptions de l'art.

En 1940, Paul Rosenberg et sa famille parviennent à rejoindre les États-Unis en passant par Bordeaux. 

En chemin, le galeriste laisse une partie de sa collection dans les coffres d'une banque de Libourne (sud-ouest de la France).

Mais les coffres sont forcés en 1941, alors que Paul Rosenberg est déchu de sa nationalité française par Vichy, et les œuvres pillées pour rejoindre la collection d'Hermann Göring. 



 Vue de l’escalier au 21, rue La Boétie, années 30 © Archives Paul Rosenberg & Co, New York

Cruauté de l'histoire, la galerie de la rue La Boétie accueillera les expositions antisémites de l'Institut d'Étude des Questions Juives jusqu'à la Libération.
Depuis sa nouvelle galerie à New York, où il contribue à faire de la "Big Apple" le nouveau centre mondial du marché de l'art, Paul Rosenberg et ses proches engagent alors la lutte pour la restitution des oeuvres pillées, avec le soutien de la France et de la Suisse.


L'exposition retrace en particulier les vicissitudes d'une toile de Matisse, "Robe Bleue dans un fauteuil ocre", achetée au peintre en 1937, volée par les nazis à Libourne avant de passer de mains en mains et de finir dans un musée d'Oslo. 

Elle n'a été rendue à la famille Rosenberg qu'en 2014.
"Il y a encore une cinquantaine de toiles dans la nature, mais ils ont à peu près reconstitué la collection", dit Anne Sinclair.

Aujourd’hui, « 21 rue La Boétie » devient une exposition poignante, au croisement du destin d’un homme à celui de l’Histoire collective. 

giovedì 2 marzo 2017

Sergueï Chtchoukine et sa fabuleuse collection à la Fondation Vuitton à Paris





La collection Chtchoukine est un' exposition-événement à la Fondation Louis Vuitton à Paris pour découvrir 130 chefs-d’œuvre de l'art moderne.


Plus d'un million de visiteurs ont pu admirer l’exposition "Icônes de l'Art Moderne" qui vient d’être prolongée jusqu’au 5 mars, suite à l' énorme succès auprès du public. 





Toute une salle aux murs couverts de toiles de Matisse, une autre où sont rassemblées les Tahitiennes de Gauguin, des paysages signés Monet, Cézanne, Derain et tant d'autres : Picasso, Seurat, d'Edward Burne-Jones, Eugène Carrière, Gustave Courbet, Maurice Denis, Edgar Degas...


Quatre étages, avec des tableaux dont certains n'étaient plus revenus en France depuis cent ans, depuis que Sergueï Chtchoukine les a achetés, entre 1898 et 1914. 








Les Chtchoukine, une famille de collectionneur d’art
Sergueï Chtchoukine est un grand industriel russe du textile. Dans sa famille, on est collectionneur d'art, car c'est un marqueur social. 
 Lui, francophone, choisit de se distinguer en montant une collection d'art contemporain français.
« La Russie est très francophone, très francophile, remarque Anne Baldassari, la commissaire de l'exposition. 
Cette collection, ça lui semble, à l’époque, ce qu’on pouvait faire de mieux à Moscou. Moscou est surtout chic. 
Ceci dit, c’est une collection d’impressionnistes, de post-impressionnistes et des avant-gardes françaises qu’il va créer. Et là, cela va être beaucoup moins facile à défendre pour lui. Il sera beaucoup critiqué. 
La vox populi chic considère qu’il est entre les mains des marchands parisiens et qu’il est mené aveuglément à produire une collection qui est insensée, selon les critères de l’époque. »





Bouleversé par Matisse et Picasso, il achète leurs œuvres.
Au début, lors de ses premiers voyages à Paris, Chtchoukine est guidé par son intérêt pour les impressionnistes, notamment pour Monet, à qui il va acheter 13 tableaux. 
Et puis, chaque fois qu'il est bouleversé par une œuvre, il l'achète, pas forcément tout de suite, mais il va ainsi reconstituer chez lui une exposition des toiles de Gauguin quelques années après l'avoir vue. 
Enfin, Chtchoukine se lie avec des artistes dont il suit le travail. 
Il achètera 50 Picasso, 38 Matisse... 












Chtchoukine se caractérise par sa fidélité aux artistes, même dans la tourmente, comme lorsqu'il commande à Matisse, pour décorer son escalier, ces deux célèbres tableaux, La Danse et La Musique, où apparaissent des corps nus, rouges, sur fond vert et bleu...
 

« Je dois être plus courageux »
"La Danse et La Musique" ont fait scandale à Paris, au Salon d’Automne de 1910, quand elles ont été présentées, raconte Anne Baldassari. 
Cela avait provoqué un tollé général. Chtchoukine avait failli renoncer à son acquisition. 
Il commence annuler sa commande, parce qu’il a peur face à la réaction parisienne. Et puis, il l’écrit à Matisse dans le train qui le ramène en Russie, il dit : j’ai honte, je dois être plus courageux. Je dois être capable de vous défendre. 
Je confirme ma commande. Et finalement, les tableaux vont arriver à Moscou. Et là, cela va être terrible. 
Cela va être devenir un objet de moquerie générale. Cela montre cette fidélité de Chtchoukine à Matisse. »


Sergueï Chtchoukine expose donc tous ces tableaux chez lui. Ils sont même un peu entassés dans son Palais Troubetskoï.  
On le voit sur une photo d’époque : 50 toiles sur les murs d'un cabinet de 25 mètres carrés ! 
C'est après une succession de drames personnels en 1905-1906 qu'il a l'idée d'ouvrir ses portes au public.


Transformer le chagrin en collection d’art
« Sergueï Chtchoukine a quatre enfants, explique son petit-fils, André-Marc Delocque-Fourcaud. 
Le plus petit, à 17 ans, disparaît. 
Six mois plus tard, la femme de Chtchoukine meurt littéralement de chagrin. 
C’est ça qui va totalement changer le regard de Chtchoukine : cette collection mondaine va devenir pratiquement une cure contre le malheur. 
Et comme il ne veut pas souffrir, il va agir. 
Il réagit en tant que patron et se dit : je vais faire quelque chose. 
Alors il va créer un musée d’art moderne. 
Un an plus tard, il ouvre sa demeure et commence par la salle à manger à aligner un panorama de 16 Gauguin sur le mur de la salle à manger, parce qu’il a une logique de musée. »

Sergueï Chtchoukine et les avant-gardes russes
 Du coup, Chtchoukine va avoir une réelle influence sur les jeunes artistes russes de l'époque. 
Et pour le montrer, l'exposition confronte les œuvres d'artistes russes comme Malevitch aux toiles cubistes de Picasso.
« Les œuvres de Matisse et Picasso ne sont pas présentées à Paris. Depuis l’atelier, ils vont directement à Moscou. 
Et cette peinture encore fraîche arrive à Moscou et va y mettre le feu à ces jeunes peintres qui vont porter à ce qu’on appelle aujourd’hui ‘les avant-gardes russes’. 
C’est chez Chtchoukine que cela se passe. 
C’est lui qui accueille ces jeunes peintres, il les guide dans sa collection. 
Et il va également acheter des œuvres pour eux. Pour nourrir ce feu. »
Tout ceci s'arrête avec la guerre, puis la révolution de 1917. Chtchoukine, le collectionneur, visionnaire, laisse ses tableaux derrière lui en quittant la Russie. 
Nationalisés, ils sont depuis 70 ans dispersés entre le Musée Pouchkine et l'Ermitage
C'est la première fois qu'elles sont à nouveau rassemblées en un même lieu.
Jusqu’au 5 mars 2017 à la Fondation Louis Vuitton à Paris.

 

mercoledì 1 marzo 2017

Modugno, Nek, Raffaella Carrà, Toto Cotugno ..e le canzoni italiane più famose nel mondo




La musica italiana è da sempre apprezzatissima nel mondo intero, è dunque molto difficile fare una scelta tra le canzoni italiane più famose all’estero. 

Le canzoni italiane piacciono soprattutto ai Paesi di cultura latina, dalla Spagna al Sud America, ma hanno successo anche in Germania, in Russia e in molti Stati dell’Est Europa per la bellezza e l’armonia delle melodie, per la lingua particolarmente dolce e orecchiabile e anche perché la canzone italiana fa sognare a occhi aperti, rievocando paesaggi stupendi, leggende romantiche, personaggi storici e miti del cinema come il film "La dolce vita".
A trionfare nelle chart internazionali è soprattutto il pop "Made In Italy", capace di conquistare i più importanti teatri del mondo e di entrare nelle case e nei cuori di centinaia di milioni di persone. 

Il tema principale dei brani italiani è l’amore, quello passionale, struggente, incontenibile...
Sono tanti gli artisti del Belpaese che hanno avuto un enorme successo all'estero.

Ecco i più conosciuti :


Tiziano Ferro – Rosso relativo
Il cantautore di Latina è molto amato in Europa e in America Latina. 

Piace per la sua straordinaria capacità di spaziare dal pop al blues, dal soul allo swing fino all’hip-hop. 
Dal suo album d’esordio, Rosso relativo, ad oggi, sono tanti i brani che hanno scalato le classifiche di vendita in tutto il mondo. 
Molte sue canzoni sono state tradotte in spagnolo, portoghese, inglese e francese. 
Un altro dei suoi pezzi simbolo del suo successo in Italia e all’estero è Xdono, pubblicato nel 2002, quando la favolosa avventura in musica di Tiziano Ferro è cominciata.


Gianna Nannini – America
Anno 1979: dall’album California
esce America, diventato in un lampo un inno rock da cantare a squarciagola. 
Questa canzone apre a Gianna Nannini le porte del successo internazionale, portando l’artista toscana a esibirsi in tutta Europa. 
Un successo enorme, di pubblico e di vendite.



Domenico Modugno – Nel blu dipinto di blu
"Volare, oh oh, cantare, oh oh oh oh..Nel blù dipinto di blù.." questa canzone italiana è uno dei più grandi successi mondiali

Nel 1958 Domenico Modugno, soprannominato "Mister Volare", sale sul palco del Festival di Sanremo e sorprende con un brano pieno di energia, di ritmo e di musicalità che rompe con il passato e con la tradizione del canto popolare. 
Un capolavoro di semplicità e di libertà, reinterpretato e tradotto in diverse lingue, che ancora oggi emoziona e fa letteralmente volare con l’immaginazione.


Laura Pausini – La solitudine
La solitudine, brano del 1993, è stato cantato da una Laura Pausini  giovanissima, 19 anni, sul palco del festival di Sanremo.

La giovane e bella cantante l'ha poi portato all'estero, dove ha riscosso un enorme successo.
Tradotto in spagnolo e pubblicato con il titolo La soledad in Spagna, Sud America e negli Stati Uniti, così come in portoghese, francese, greco e olandese, ha sempre incontrato un pubblico entusiasta con 10 milioni di copie vendute.
Laura Pausini ne ha inciso anche una versione in inglese, Loneliness, appositamente adattata da Tim Rice.
  

Toto Cutugno – L’italiano
“Sono un italiano vero”, canta con orgoglio Toto Cutugno dal 1983. 
In questo brano ci sono tutti gli stereotipi dell’italianità, anche se oggi alcune frasi del testo possono risuonare un po’ superate o addirittura fuori luogo, soprattutto tra i più giovani. 
Fatto sta che questo pezzo, solo apparentemente leggero e spensierato, è un classico del karaoke ed è ancora canticchiato in giro per il mondo. 
Ha venduto 100 milioni di copie e sono state fatte cover sia in finnico che in cinese.


Eros Ramazzotti – Adesso tu
Eros Ramazzotti è tra le popstar italiane più amate all’estero. 

Tra i tanti successi che lo hanno fatto conoscere un po’ ovunque nel mondo, c’è sicuramente Adesso tu (1986), stranamente proprio la canzone più legata alla tradizione italiana, quella di borgata. 
L’intro del brano, con quel “Nato ai bordi di periferia” da brividi, è uno dei versi più popolari della musica leggera italiana.


Raffaella Carrà – A far l’amore comincia tu 
Raffaella Carrà è una celebrità soprattutto in Spagna, grazie alle sue hit tutte da ballare ma anche alla conduzione di alcuni programmi televisivi, dagli anni Settanta ad oggi. 
Tra le canzoni della Carrà più famose all’estero c’è sicuramente A far l’amore comincia tu (1976), recentemente tornata alla ribalta grazie a una nuova versione, fresca e discotecara, di Bob Sinclair, scelta come colonna sonora del film La grande bellezza, opera di Sorrentino che ha vinto il premio Oscar.


Elisa – Ancora qui
La voce, il talento e la simpatia di Elisa Toffoli hanno stregato non solo gli Italiani, ma anche molti appassionati di musica e addetti ai lavori stranieri, soprattutto quelli d’Oltreoceano. 

C’è un brano, in particolare, che piace agli Americani. Si tratta di Ancora qui, scelto dal regista Quentin Tarantino come colonna sonora del film Django Unchained
La canzone si avvale delle musiche del grande Ennio Morricone e ha sfiorato l’Oscar nel 2013.

Adriano Celentano – Azzurro
Questo brano famoso è stato scritto nel 1968 da Paolo Conte, collaboratore del "Clan Celentano". 

Azzurro voleva andare a controcorrente rispetto ai ritmi dell’epoca, infischiandosene delle mode e dei cliché. 
È la canzone perfetta per Adriano, che l’ha fatta sua, fin da subito, con tutta la sua energia e la sua personalità simpatica e originale
Amore, religione, ecologia: non manca nulla a questo pezzo, il cui testo è stato tradotto in francese, inglese, spagnolo, tedesco e perfino in ebraico.


Nek – Laura non c’è
Il bolognese Filippo Neviani è uno degli artisti italiani più popolari in Sud America e in Spagna. 

Non a caso ha pubblicato diversi album in lingua spagnola e si esibisce regolarmente in tour all’estero, registrando concerti sold out un po’ ovunque.  
Laura non c’è (1997) è forse la sua canzone più importante e conosciuta in Europa e Oltreoceano. Nek ha registrato il singolo anche in spagnolo e in francese (in duetto con Céréna) e alcuni artisti l’hanno tradotta in greco, tedesco e olandese. 
Una curiosità: "Laura no está" è stata reinterpretata in stile "bachata" dal noto artista dominicano Fernando Villalona.